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Mons. Mario Ceccobelli: “Quello di Francesco un itinerario interiore oltre che geografico”

Il vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, è uno dei più motivati sostenitori del pellegrinaggio francescano da Assisi a Gubbio, giunto alla seconda edizione. Ecco come presenta l’iniziativa:

Con questa iniziativa che si spera diventi un evento annuale, i vescovi di Assisi e Gubbio, d’intesa con le famiglie francescane, intendono offrire a ogni uomo di buona volontà l’esperienza di Francesco di Assisi.
Il sentiero che egli percorse partendo da Assisi, sua città natale, per giungere a Gubbio, dove andò a rifugiarsi dopo la sua spoliazione, attratto dalla fama di santità del vescovo Ubaldo, fu per lui anche un itinerario interiore oltre che geografico.

In questo tratto di strada, Francesco sperimentò una profonda riconciliazione innanzitutto con se stesso, poi con Dio, con i fratelli e con la natura. Mai come in questa fase storica l’uomo ha avuto bisogno di riconciliarsi, perché tanti sono i suoi conflitti interiori come le divisioni con i fratelli.Le moderne correnti di pensiero, le esigenze del “mercato”, lo spirito esasperato di competizione, lo stress di una vita senza soste e senza tempi di interiorizzazione e di riflessione, rischiano di frantumarlo sempre di più fino a togliergli l’anima.

Tre giorni di esodo dalla frenesia della vita, tre giorni di confronto con la Parola di Dio, di condivisione con i fratelli, camminando tra le splendide colline del nostro territorio, toccati dall’esempio di Francesco, possono restituire ai pellegrini del Sentiero serenità, pace e gioia di vivere.
A coloro che vorranno cimentarsi su questo sentiero diamo il più caloroso e fraterno benvenuto.

 

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Mons. Domenico Sorrentino: “Non solo itinerario storico, ma viaggio dell’anima”

Il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, saluta i pellegrini che si mettono in cammino lungo l’itinerario francescano che raggiunge la città di Gubbio. Un viaggio lungo otto secoli di storia e di fede.

“Un saluto cordialissimo a quanti prendono parte al pellegrinaggio Assisi – Gubbio. Un saluto nel ricordo di quanto avvenne ottocento anni fa in questo vescovado, quando, alla presenza del Vescovo Guido, il giovane Francesco non esitò a rispondere alle pretese del padre Pietro di Bernardone svestendosi di tutto”.
Sono le parole del vescovo di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, che si accinge a salutare i partecipanti alla seconda edizione della camminata francescana dalla città del Poverello fino a Gubbio.

“Un nuovo orizzonte si apriva davanti a lui. Era innanzitutto un nuovo rapporto con Dio, che diventava il tutto della sua vita. Era insieme un conformarsi alla nudità di Cristo nella sua passione, destinando la propria vita alla povertà e alla condivisione. Francesco non possedeva più nulla, se non il suo amore. Il mondo, la vita, la natura, i fratelli, tutto è ormai guardato in una nuova prospettiva. Privo del denaro e del lusso del padre terreno, Francesco è ricco di un nuovo tesoro. Ha scelto il padre celeste: dunque tutto gli appartiene, secondo l’affermazione dell’apostolo Paolo: «Tutto è vostro…ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3,23)”.Infine, la conclusione di mons. Sorrentino, che passa da quanto accaduto otto secoli fa a quanto, sui passi di Francesco, può accadere ai pellegrini di oggi.

“A questo vescovado arrivano tante persone desiderose di comprendere il ‘segreto’ di Francesco. Non è difficile scoprirlo. Più difficile mettersi sulle sue orme. Il pellegrinaggio Assisi – Gubbio che, partendo dal vescovato di Assisi, ripercorre il sentiero battuto dal Poverello subito dopo lo spogliamento, sia anche questo: un tentativo di ricalcare non solo un itinerario storico, ma un itinerario dell’anima. A quanti vi partecipano, giunga la letizia e la pace che segnò la vita e la testimonianza di Francesco di Assisi”. 

 

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Eros Brega: “La natura: una maestra che dobbiamo tornare ad ascoltare”

Anche il presidente del Consiglio regionale dell’Umbria, Eros Brega, interviene a supporto della seconda camminata lungo il sentiero francescano. E spiega come i valori del Poverello siano tra i geni più importanti nel dna del territorio umbro.

“Un viaggio spirituale, un’occasione per tornare sui luoghi del primo pellegrinaggio di san Francesco e rispolverare la lezione di vita che ci ha lasciato”.
Il presidente del Consiglio regionale dell’Umbria, Eros Brega, ha creduto molto nella riproposizione del cammino francescano da Assisi a Gubbio. E ricorda – da laico – i valori che san Francesco ha lasciato alla sua terra e al mondo intero.
“L’impegno per la ricerca della pace, la salvaguardia della natura, la promozione del dialogo tra tutti gli uomini rappresenta, tra l’altro, uno degli elementi identitari della nostra regione. Iniziative come questa del «Sentiero di Francesco», pertanto, vanno valorizzate. Il pellegrinaggio da Assisi a Gubbio è apprezzabile anche per l’opportunità di riscoprire i luoghi umbri che fecero da corollario all’esperienza spirituale di san Francesco. La natura è una grande maestra e, come ci ha insegnato il Poverello di Assisi, ogni tanto bisogna tornare a ‘prenderci lezione’”.

 

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Fabrizio Bracco: “A piedi sui passi di Francesco in Umbria”

Ecco il testo integrale del messaggio che l’assessore ai Beni e attività culturali, Turismo e promozione della giunta regionale dell’Umbria, Fabrizio Bracco, ha inviato per l’evento “Il Sentiero di Francesco”:

“Non si capirebbe la spiritualità Francescana senza la dolcezza del paesaggio umbro così come oggi il paesaggio umbro sembra così profondamente segnato dal passaggio di Francesco. Qui egli trovò rifugio dalla vanità del mondo, incontrò gente semplice e capace di comprendere il suo messaggio, trovò una natura dolce e rigogliosa.
Jacques Le Goff ha scritto: «La geografia e la storia gli hanno fornito naturalmente lo sfondo, l’ambiente intimo che hanno fatto apparire con forte evidenza i profondi legami che lo univano al suo paese: alla sua città, posta al margine delle strade, al punto d’incontro della pianura e della montagna, a portata degli uomini e vicina agli eremi; alla sua Umbria propizia ai cammini per monti e per valli, piena di silenzio e di rumore, di luce e di ombra, agricola e commerciale, brulicante di un popolo semplice e profondo, tranquillo e appassionato, ardente nell’intimo ma talora preda di brusche infiammate, in armonia con gli alberi, la terra, le rocce, i fiumi sinuosi…».
Il cammino sui passi di Francesco, realizzato e promosso dalla Regione Umbria, invita a scoprire i luoghi dove sono avvenuti gli episodi fondamentali della vita del Santo d’Assisi. Il pellegrino potrà ripercorrere i sentieri e i paesaggi che san Francesco amò e ritroverà la stessa natura tenerissima e celebrata nel Cantico delle Creature. E se per chi cammina sui passi del Poverello d’Assisi la principale motivazione è spirituale, subito dopo viene il piacere di camminare da un paese all’altro, da una pieve romanica a un convento medioevale: una forma di viaggio lento che caratterizza tutti i grandi cammini europei, dal Cammino di Santiago alla Via Francigena.
Mettersi uno zaino in spalla e camminare nella terra di Francesco, sostando nei luoghi della fede e della cultura, dove il Santo compì le sue gesta e diffuse il suo messaggio di pace e di tolleranza, può diventare un cammino nel cuore dell’esperienza cristiana, per il viandante -‘der Wanderer’- resta un viaggio dello spirito, che facendo uscire dalle proprie sicurezze, consente di essere più liberi nel ricercare se stessi. E bisogna essere grati ai promotori dell'iniziativa ‘Da Assisi a Gubbio: il Sentiero di Francesco’ per averci offerto, con questa raccolta, una preziosa occasione di meditazione. Buon cammino a tutti coloro che vorranno seguire i passi di Francesco.

 

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Marco Vinicio Guasticchi: “A piedi sui passi di Francesco in Umbria”

Ecco il testo integrale del messaggio che il presidente della Provincia di Perugia, Marco Vinicio Guasticchi, ha inviato per l’evento “Il Sentiero di Francesco”:

“Percorrere il Sentiero francescano che collega Assisi, Valfabbrica e Gubbio rappresenta un’opportunità di straordinaria crescita umana e spirituale perché riporta in maniera diretta all’atto di conversione con il quale il figlio di Pietro di Bernardone cominciò a incamminarsi lungo la via del suo radicale rinnovamento e della sua santità.
I valori religiosi, spirituali, dell’impegno nella società si riunificano meravigliosamente ad ogni passo del percorso, sostenuti e alimentati dalla forza dell’ambiente e dalla vivacità della natura entro la quale ci si muove.
Così, dunque, ogni volta che si fa almeno un tratto del ‘Sentiero’, si sarà spinti inevitabilmente verso quel guardarsi dentro in profondità, di cui la natura è uno specchio fedele, che san Francesco ha saputo tradurre in azione e in testimonianza continua lasciandoci in eredità l’indicazione di avere, nello stesso tempo, il coraggio e l’umiltà delle nostre azioni.

 

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Opera Romana Pellegrinaggi: “L’esperienza di Francesco rivive nei luoghi che ha amato”

Anche l’Opera Romana Pellegrinaggi ha voluto essere presente tra i soggetti patrocinatori dell’evento “Il Sentiero di Francesco”. Ecco il messaggio arrivato dal Vicariato di Roma:

«Altissimu, onnipotente bon Signore/tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione... Laudato sie, mi Signore cum tucte le Tue creature…Laudato si’, mi Signore per sora nostra matre Terra... Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore…».
L’esperienza di questo grande amore rivive nei luoghi che Francesco stesso visse e amò; nella preghiera e nell’umiltà questo percorso ci potrà aiutare nel cammino verso la pace, cercando il medesimo amore potremo purificare gli occhi del cuore per arrivare a vedere Dio.
In questo percorso di avvicinamento all’uomo e al Santo, il richiamo potrà essere intenso oppure più lieve, ciò che speriamo è che comunque la novità possa irrompere nella nostra vita: «Nuovo uomo, nuovo testamento, nuovo cantico... Canta però il cantico nuovo non con le labbra, ma con la vita».

 

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Felice Accrocca: "Francesco, il grande comunicatore"

Dalla rivista "Francesco Patrono d'Italia", lo storico Felice Accrocca delinea una nuova immagine del Poverello. Al di là della figura tradizionalmente più conosciuta di un Francesco docile e umile, il Santo era anche un abile comunicatore capace di rivolgersi alle folle in modo chiaro e tagliente.

Francesco comunicava usando tutti i mezzi a disposizione. Si serviva della voce, certo, ma non solo, al punto che, dice Tommaso da Celano, aveva fatto di tutto il suo corpo una lingua. Non disdegnava peraltro il ‘gesto’, che utilizzava in modo effi cace: una volta, ad esempio, tenne a Chiara e alle sue sorelle una predica silenziosa utilizzando della cenere, di cui si cosparse il capo e di cui si circondò. Seguendo il Maestro, si servì pure di parabole e similitudini, che gli consentivano di essere maggiormente incisivo. Per mettere i suoi in guardia dall’orgoglio che poteva nascere dalla consapevolezza di aver scelto, con la vocazione francescana, la parte migliore, un orgoglio che portava a dimenticare gli impegni che a quella scelta erano connessi e spingeva invece a trarne possibili vantaggi, Francesco utilizzò – forse in più d’una occasione – una similitudine ben nota a tutta la tradizione biblica, quello delle pecore e del pastore. Giordano da Giano testimonia che tale insegnamento fu motivato dalla notizia del martirio dei primi frati (in Marocco, nel gennaio 1220) e della leggenda che, in seguito a ciò, era stata scritta. Francesco, “sentendo che in essa si facevano le lodi di lui e vedendo che i frati si gloriavano del martirio di quelli, [...] rifi utò tale leggenda e ne proibì la lettura dicendo: «Ognuno si glori del suo proprio martirio e non di quello degli altri»”. Quando voleva, dunque, sapeva essere secco e tagliente, e le immagini utilizzate risultavano senza dubbio effi caci. Né meno secco – ed effi cace – si rivela il racconto del morituro impenitente, posto in chiusura della cosiddetta Lettera ai fedeli, che ci consente di riascoltare la voce del predicatore Francesco, di comprendere il modo in cui egli incitava le folle a conversione, a lottare contro i nemici di sempre, il mondo, il diavolo, la carne, per sottomettersi al “giogo del servizio” e servire nella libertà l’Altissimo Signore: “Il corpo lo mangiano i vermi”, concludeva; “e così quell’uomo perde il corpo e l’anima in questa breve vita e va all’inferno, dove sarà tormentato senza fi ne”. Un grande comunicatore, Francesco, capace di essere chiaro fi no all’eccesso. Come il suo Maestro, in fondo. Non aveva anche Gesù raccontato la parabola di un ricco stolto (Lc 12, 16-21)? E non aveva inveito contro scribi e farisei, denunciando il loro falso perbenismo, pronunciando per ben sette, contro di loro, il duro monito “Guai a voi”, come leggiamo nel capitolo 23 del Vangelo di Matteo? Un Francesco – passi l’espressione – più maschio di quello che tanta arte ci ha abituati a vedere; un Santo vero, non un ‘santino’ di quelli che, messi sui muri, fi niscono per diventare innocui e non inquietar più nessuno. Un uomo di Dio, che nel comunicare non cerca di compiacere l’uditorio, ma – medico capace – affonda il bisturi nella piaga purulenta. Perché cercava non il proprio interesse, ma quello di Cristo...

 

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